mercoledì 27 luglio 2011

LA PUZZOLA CATTIVA

Abitavano un tempo in una casetta ai margini del bosco due vecchietti. Erano molto buoni e perciò tutti gli animali della foresta erano loro amici. La città era molto lontana e i due vecchietti, non più arzilli come un tempo, non potevano recarsi a fare le compere quotidiane; questo però non li preoccupava affatto, perché sapevano che il cibo non sarebbe mai mancato: infatti ogni mattina all'alba trovavano davanti alla porta della loro casetta le provviste necessarie per la giornata. I piccoli castori correvano tutta la notte per il bosco e ammucchiavano fascine di legno che deponevano poi in bell'ordine sulla soglia. Gli scoiattoli si arrampicavano su e giù per gli alberi in cerca di noccioline; i caprioli e i ghiri coglievano frutta succosa, mentre gli uccellini con le tartarughe stappavano foglie dai cespi di insalata e le formiche portavano a uno a uno i chicchi di grano. Anche le api volavano di fiore in fiore e poi deponevano il miele in una minuscola ciotola posta sul davanzale. Al sorgere del sole i vecchietti aprivano la porticina della casa, ringraziavano gli amici del bosco e si informavano della salute dei loro piccoli. Poi la vecchietta entrava in cucina, e poco dopo il filo fumo che usciva da comignolo annunciava agli animaletti che le ciambelle croccanti erano pronte. Ogni tanto i due vecchietti ricevevano la visita dei figli che provenivano dalle lontane città con le mogli e i nipotini. La casa risuonava allora di voci festose e tutto il bosco era in fermento. Quando c'erano tante persone, gli animaletti dovevano lavorare più del solito. Correvano qua e là affaccendati senza guardare nessuno e il ronzio delle api nei prati fioriti si faceva più intenso; non c'era corolla di fiore su cui non posassero lievi i laboriosi insetti. La cui ciotolina del miele infatti non bastava più e le povere api dovevano riempire vasi e vasi...la visita ai nonni era la gioia più grande dei bimbi: attendevano impazienti il sorgere del sole, scendevano silenziosamente dal loro lettino, e correvano nel bosco per raggiungere i loro amici animali: uno si divertiva a tirare il codino a un cerbiatto, l'altro accarezzava il muso peloso di un orsacchiotto, un altro ancora si divertiva a giocare a nascondino con una lepre...Anche le madri erano felici perché potevano lasciar giocare da soli i loro monelli senza preoccuparsi che si facessero male: là nella foresta c'erano tante piccole bambinaie sempre all'erta, pronte a intervenire in caso di pericolo. La vita nel bosco sarebbe stata completamente felice, se ...c'è sempre un " Se", purtroppo, che guasta anche le cose più belle. Questo " Se" era costituito dalla signora puzzola, egoista, bugiarda e dispettosa, che tormentava tutti e provava un gran piacere nel vedere gli altri angustiati o contrariati. Naturalmente nessuno le voleva bene, e non era mai stata invitata a mangiare le ciambelline in casa dei nonni. Aveva però una gran voglia di assaggiarle, avendone sentito decantare da tutti gli animali del bosco; e un giorno in cui percepì uno stuzzicante profumo che veniva proprio dalla casettina felice, rinunciò per un attimo a tutte le sue macchinazioni, perfino a quella di fare un dispetto alla signora volpe, e saltò sul davanzale della finestra. La nonna stava preparando una grossa torta; udendo bussare ai vetri si volse e disse:
- Ah, sei tu, signora puzzola? Che vuoi?
- Nonnina, ho freddo: lasciami entrare, per favore, vorrei riscaldarmi.
- Povera bestiola! - disse la nonna commossa. - Non mi sembra, veramente, che faccia freddo, con questo bel sole; ma entra e vieni a riscaldarti.
La puzzola balzò subito dentro, e la nonna le preparò un cuscino vicino alla stufa.
- Che buon odore, nonnina - disse la puzzola. - E quanta fame ho!
- Mi spiace, non posso darti nemmeno una briciola di questo dolce perché domani arriveranno i miei nipotini. Ma se vuoi, eccoti una ciambella avanzata da stamattina.
- A me la roba avanzata, eh? - gridò la puzzola impermalita. - Voglio quella torta! La voglio!
Corse verso la tavola, e poiché la vecchia si parò davanti alla torta, afferrò un coltello e glielo piantò nel cuore. Poi prese il dolce e fuggì. La nonna però non era morta; la punta del coltello si era conficcata in un libricino di preghiere che ella portava al collo. Quando il marito tornò a casa. La nonna gli raccontò l'accaduto, e insieme decisero di dare una bella lezione alla cattiva bestiola. Subito la nonna si stese sul letto e chiuse gli occhi,

mentre il marito, seduto presso di lei, cominciò a piangere e a lamentarsi. Gli animali del bosco udirono i suoi gemiti e accorsero in frotta.
- Nonnino, che hai? Che cosa ti è successo?
- Oh, la mia povera moglie! Qualcuno l' ha uccisa e io sono disperato!

Gli animaletti inorridirono, poi cominciarono a piangere anche loro. Il bosco divenne tetro, perché non vi risuonavano più né gorgheggi, ne trilli. Accorse la lepre, la più furba di tutti, e abbraccio stretto stretto il vecchio per dimostrargli la propria simpatia; ma il nonno incominciò a parlare a bassa voce, e gli occhi della lepre scintillarono di gioia e di furberia. Prese congedo dal vecchio, poi corse nel bosco; si fece prestare la grossa gerla di compare orso e il piccolo cesto di fratello scoiattolo; spalmò di pece lo schienale della gerla grande, poi andò a cercare la puzzola.
- Io vado al di là del monte a prendere un tesoro - le disse. -Vuoi venire con me?
- Un tesoro? - esultò la puzzola. - Ben volentieri!
- Ho qui pronte due gerle - aggiunse la lepre, - ma ti avverto che la più grande è spalmata di pece.
- E' un vecchio trucco! Esclamò la puzzola in tono beffardo. - Dici così perché vuoi prenderla tu - E se la infilò sulle spalle.
Quando incominciarono a salire il monte era quasi mezzogiorno e il sole dardeggiava. La lepre, con la sua minuscola gerla, saltellava allegra e vivace, mentre la puzzola, schiacciata dal peso dell'enorme gerla, ansimava e sudava. Quando giunse sulla cima, era esausta. Fece subito per deporre a terra il pesante fardello, ma non vi riuscì.
- Toglimi questa gerla di dosso, signora lepre. Sono veramente sfinita!
La lepre ubbidì; afferrò la gerla e la staccò dal dorso della compagna, ma, con la gerla, vennero via pezzetti di pelle e di pelliccia!
- Ohi, ohi! - gridava la puzzola. - Che male! Non hai un po' d'unguento da darmi?
- Certo, te lo spalmo subito.
E la lepre lo spalmò, ma quell'unguento bruciava come il fuoco.
- Ahi, ahi! - ricominciò a urlare la puzzola. - Dove hai preso questa medicina infernale?
- Ma è lo stesso unguento che hai inventato tu! - rispose la lepre con aria candida. - Lo adoperi sempre, quando curi le ferite dei nostri amici.
La puzzola restò interdetta. Era vero; aveva proprio inventato lei quell'unguento, preparato con semi di senape; e lo spalmava sulle scorticature degli animaletti del bosco, per divertirsi alle loro smorfie e a loro strilli.
- Voglio tornare a casa! - piagnucolò.
- Bene - disse la lepre. - Scendiamo a valle e attraversiamo il fiume per far più presto. Tu cammina con comodo, mentre io vado a cercare una barca.
Si avviò veloce e in un batter d'occhio raggiunse la riva del fiume. Aiutata dai castori, fece una piccola barchetta brutta ma molto solida; poi con il fango, ne modellò un'altra più grande e la ornò con pietruzze colorate. Quando la puzzola arrivò, tutta dolorante, la lepre era già nella barchetta.
- Svelta, sali con me! - disse.
- Perché dovrei salire su quella brutta barca? - replicò la puzzola impermalita. - E questa di chi è?
- Non lo so - rispose la lepre. -Forse lo sanno i castori, che mi hanno dato questa. Proviamo a chiederglielo.
- Sarebbe un perditempo inutile - protestò la puzzola, che non vedeva l'ora di trovarsi sulla barca ornata di pietruzze. - La restituiremo al ritorno.
E timorosa che la lepre insistesse nel suo proposito, spinse la barca in acqua e vi balzo dentro. Ma la barca era fatta di fango, e l'acqua del fiume la impregnò. Il fondo divenne molle, poi si staccò, mentre anche tutto il resto cadeva a pezzi. In men che non si dica la puzzola cattiva si trovò con l'acqua alla gola.
- Aiuto! Affogo! - incominciò a urlare. - Fammi salire sulla tua barca.
- Eppure è una brutta barca! - obbietto la lepre tranquillamente.
- Non importa! Non importa! Reggerà anche il mio peso!


La lepre allora sporse una zampa e afferrò la puzzola. Ma prima di issarla a bordo, volle aggiungere qualche altra cosa alla dura lezione.
- La colpa è tua, se hai scelto la barca di fango. Era più bella, è vero, ma tu ti sei sempre comportata da vanitosa ed egoista.

- Non lo farò più1 - singhiozzo la puzzola. - Sono proprio pentita, lo giuro! Ma tienimi fuori di qui!
- Non devi essere più tanto cattiva, con i nostri amici del bosco. Ora hai provato che cosa si sente con la tua infernale pomata sulle ferite. Eppure il dolore degli altri ti divertiva tanto!

- Pensa se anch'io avessi il cuore duro come lo avevi tu! - concluse la lepre. - Quando mi divertirei, adesso, alle tue lacrime!
Ma poi si decise e tirò la puzzola nella barca, perché la bestiola tremava tutta e stava per affogare. La lepre distese la puzzola a prua e cominciò a remare. " Io non lo avrei fatto" pensava intanto la puzzola. " Mi sarei riposata lasciando faticare gli altri e divertendomi un mondo. Per fortuna la lepre è diversa da me! E' proprio una gran disgrazia, incontrare un cattivo". La lepre remò fino alla sponda, poi preparò un giaciglio di foglie alla puzzola, affinché potesse asciugarsi al sole e riposarsi un po'. " E' una gran fortuna incontrare un buono" continuava a pensare la puzzola. " Voglio diventare buona anch'io. Voglio che tutti siano contenti di avvicinarmi e di strare con me ". Quando si fu riposata, ripresero il viaggio verso il bosco. Una scimmia che si dondolava sopra un ramo salutò la lepre, e getto appena un'occhiata alla puzzola. Ma questa si accorse che quel ramo era molto fragile e si piegava pericolosamente, minacciando di spezzarsi da un momento all'altro.

- Attenta, comare scimmia! - gridò - Il ramo si sta rompendo!
La scimmia rise.
- Proprio a te, devo credere! - rispose. - Sei sempre stata bugiarda con tutti, perciò...
Ma in quel momento il ramo si spezzò e la scimmia cadde sulla foglie che si stendevano ai piedi dell'albero.
- Toh, avevi detto la verità! - esclamò rialzandosi e guardando la puzzola con occhi stupefatti. - Chi lo avrebbe immaginato?
La puzzola continuò il cammino a testa bassa. " Ecco come sono ridotta" pensò. " Non mi credono nemmeno quando dico la verità. Eppure l' ho voluto io, con le mie infinite bugie precedenti" proseguirono il viaggio e ben presto giunsero in vista della casetta dei nonni. Ne uscivano pianti e lamenti. "Anche questo l' ho voluto io! " si rammaricava la puzzola col cuore gonfio. " Se non fossi stata così golosa, egoista e collerica, quella casa adesso sarebbe piena di risate e di gioia. E invece..." In quel momento la lepre disse:
- Io vado a vegliare un poco la cara nonnina, e a confortare, se posso, il nonno. Ma una veglia funebre non è uno spettacolo divertente e perciò tu puoi tornare a casa.
- Perché? - esclamò la puzzola. - Credi che non sia capace anch'io di compiere un'opera buona? Tanto più che è stata colpa mia, se la nonnina è morta.
Entrò a testa bassa fra lo stupore di tutti gli altri animali, ma quando vide la nonna immobile sul letto, con gli occhi chiusi, non poté più trattenersi e corse ad abbracciarla piangendo lacrime amarissime. La nonna, sentendo il volto bagnato di lacrime brucianti, spalancò gli occhi.
- Sei proprio tu che piangi comare puzzola? - esclamò sbigottita.
- E' risuscitata! È risuscitata! - incominciarono a gridare gli animaletti saltando e abbracciandosi per la gioia.
- Comare puzzola, le lacrime del tuo pentimento hanno prodotto il miracolo - aggiunse il nonno.
Allora tutti fecero mille feste anche alla puzzola che, in un certo senso, era risuscitata pure lei. Da quel giorno la bestiola fu buona con tutti, e quando si mangiavano le ciambelline era sempre invitata e le veniva riservato il posto d'onore.